Poggibonsi e Piazza Savonarola

Poggibonsi e Piazza Savonarola
piazza savonarola
Il re si trova a tavola, a Poggibonsi, quel 17 giugno del 1495..

Il re si trova a tavola, a Poggibonsi, quel 17 giugno del 1495. Carlo VIII di Francia non è un reuccio di poco conto:  è il primo dei tre grandi sovrani francesi che nel giro di appena trenta anni proveranno, con le armi, a stabilire una loro egemonia sulla penisola  italiana,  e quando un re del suo pari  sta pranzando è molto difficile che lasci la mensa per dare udienza al primo venuto che voglia interloquire con lui. In questo caso però si tratta di quel frate domenicano, Girolamo Savonarola, che lui già conosce bene, con quell’enorme e brutto nasone che gli aveva creato da giovane, prima di farsi frate, non pochi problemi con il gentil sesso, e quegli occhi, tuttavia, penetranti, che sembrano lanciare saette a chi non lo sta ad ascoltare. A lui non può dire di no. E il re si alza da tavola, lascia il pranzo a metà e lo va a ricevere.

Per comprendere però il perché di tale gesto eccezionale da parte del re occorre fare un piccolo passo indietro, all’anno precedente, al settembre del 1494, quando Carlo VIII scende in Italia  con un’armata di 30.000 uomini, tra cui 5000 mercenari svizzeri ed un corredo di artiglieria mai visto dalle nostre parti. Un apparato militare così imponente, che Piero de’ Medici, rivelandosi certo non all’altezza del padre Lorenzo, al primo avvicinarsi dello stesso alla Toscana pensa bene di cedere al re, senza colpo ferire, le fortezze di Sarzana, Pietrasanta, Pisa e Livorno. Azione che non è gradita però dai Fiorentini, i quali non accettano tale arrendevolezza e decidono così di sbarazzarsi dei Medici ed instaurare la repubblica.

Il re prosegue inesorabile la sua marcia ed entra in Firenze da dominatore, accolto sicuramente con reverenza, ma contemporaneamente con molto timore. Timore che risulta giustificato non appena Carlo rifiuta la considerevole offerta di fiorini d’oro che la città gli ha messo a disposizione. Lui pretende molto di più e minaccia, in caso di rifiuto, il saccheggio della città. Lo dice apertamente ai rappresentanti della repubblica quando prospetta, senza mezzi termini, anche  il proposito di far “suonare le proprie trombe”, alla quale minaccia, con uno scatto di orgoglio, Pier Capponi, in rappresentanza della repubblica, pare abbia risposto: “Sire, vedremo se le armi vostre taglieranno come le nostre. Se sonerete le vostre trombe, noi soneremo le nostre campane”.

 

Nonostante la scaramuccia verbale, le trattative tuttavia continuano e l’offerta di Firenze sale a 120.000 fiorini d’oro, che però al re non bastano ancora e si teme quindi, a questo punto, il peggio. I Fiorentini ormai dormono con il coltello sotto il cuscino, pronti ad affrontare la soldataglia sguinzagliata al saccheggio, quando ai notabili della repubblica viene l’idea di giocare la carta del frate Savonarola, che da tempo in città, con le sue prediche e le sue profezie, si è fatto una fama, se non ancora di santità, sicuramente di grande venerabilità. Anche re Carlo ne ha sentito parlare. Tra l’altro  il Savonarola  ha  individuato nella figura del re di Francia una sorta di veltro dantesco, che non solo ha favorito in qualche modo con la sua venuta l’instaurazione della repubblica, ma che potrebbe essere capace anche di farsi promotore di una riforma della Chiesa stessa, così decaduta e corrotta con papa Alessandro VI  Borgia al potere, sul piano dell’austerità e della morale.

Il frate  si reca così al palazzo cittadino che ospita il re, ma viene respinto dalle guardie, che lo bloccano all’ingresso e non lo fanno neppure entrare. Sta allora percorrendo la strada per tornarsene al proprio convento, in San Marco, quando una voce interiore gli impone di tornare sui suoi passi e tentare di nuovo. Stranamente questa volta nessuno gli sbarra la strada ed appena messo piede all’interno dello stabile si trova al cospetto del re, che lo saluta con rispetto, togliendosi il cappello. Il Savonarola, quasi precursore del fra’ Cristoforo manzoniano, mostra al re un piccolo crocifisso di ottone, ammonendolo che è quello che deve venerare, non lui che è un semplice servitore di Dio. Dopodiché ha un colloquio con il re, durante il quale gli predice un castigo divino se non  rinuncia al proposito di saccheggiare la città. Il re si lascia convincere alla fine dalle parole del frate, che a Firenze acquista così un prestigio sempre maggiore, e il 28 novembre lascia libera la città, proseguendo la sua marcia trionfale verso il meridione, dove vanta  diritti sulla corona del Regno di Napoli, senza nemmeno bisogno di combattere, tanto è il timore che incute ovunque al suo passaggio.

L’impresa procede bene per il re Carlo ancora per un po’di tempo, ma le cose cambiano improvvisamente quando alcuni stati, timorosi delle conseguenze delle sue conquiste, decidono di coalizzarsi contro di lui. E’ il caso della Spagna, dell’Impero, di Venezia, del Papato, dello stesso ducato di Milano di quel Ludovico il Moro che pure lo aveva  incoraggiato nell’impresa. Carlo teme a questo punto, nonostante la forza del suo esercito, di restare accerchiato  e vedere chiusa ogni via di fuga; decide quindi di riprendere frettolosamente la via del ritorno verso la  Francia.

Mentre risale la penisola, i Fiorentini, memori dei timori del  primo passaggio, mandano vari ambasciatori a trattare con il re, temendo il peggio, i quali però non ottengono dallo stesso alcuna promessa. Anzi, tornano preoccupati per il fatto di aver intravisto nell’accampamento del re Carlo lo stesso Piero de’ Medici, di cui si teme un eventuale  rientro. Pasquale  Villari ci racconta che tali ambasciatori, usando parole “più ardite che savie” arrivano addirittura ad irritare il re, che rimane contrariato dal fatto di sentire che in Firenze lo si percepisce come un nemico. La repubblica fiorentina si affida quindi di nuovo al Savonarola, che ha mantenuto nel frattempo  con il re stretti rapporti epistolari. E così Savonarola, accompagnato da tre suoi confratelli, padre Antonio di Olanda, fra’ Tommaso  e fra’ Gregorio, si reca a Poggibonsi, dove il 17 giugno 1495, come dicevamo all’inizio, incontra di nuovo il re Carlo.

Al primo colloquio informale ne segue un secondo, nella chiesa di S.Lorenzo, davanti al celebre, venerato,  crocifisso ligneo, e poi un terzo.  Il Savonarola, secondo il resoconto del Villari, lo ammonisce così: “Cristianissimo principe, tu hai provocato l’ira del Signore per non avere mantenuta la fede ai Fiorentini; per avere abbandonata quella riforma della Chiesa che il Signore ti aveva per mezzo mio tante volte annunziata, ed a cui ti aveva eletto con segni così manifesti. Tu, per ora, uscirai da questi pericoli; ma se non riprendi l’opera abbandonata, se non obbedisci ai comandi che di nuovo il Signore ti ripete per mezzo del suo inutile servo, io ti annunzio che maggiori assai saranno le sventure che ti manderà l’ira di Dio, ed un altro sarà eletto in tua vece…”.

Al termine dei colloqui Carlo VIII promette di non toccare la città di Firenze e di restituirle pure Pisa e le altre fortezze, anche se poi in realtà la repubblica riuscirà a riprendere, provvisoriamente, solo Livorno. Dopodiché chiede addirittura  al Savonarola di seguirlo nel viaggio, ma il frate accetta di accompagnarlo soltanto fino a Castelfiorentino, dove i due si scambiano ancora alcune ultime parole di commiato. Appena venti giorni dopo Carlo VIII, a Fornovo  sul Taro, riesce, con una battaglia breve, ma che lascia sul campo più di tremila morti, a sconfiggere le forze della coalizione antifrancese e ad aprirsi così un varco per tornarsene in Francia.

Firenze è di nuovo salva, grazie al Savonarola, al frate che tuttavia, appena tre anni dopo, impiccherà e poi brucerà sul rogo senza un briciolo di pietà. Ma questa è un’altra storia.

(V. anche Burresi-Minghi “Poggibonsi dalla distruzione di Poggiobonizio al Settecento” -  Poggibonsi 2018)

Nelle immagini: Piazza Savonarola, per i Poggibonsesi “Piazzola”, con la chiesa di S.Lorenzo;  la lapide apposta  dalla Società Storica della Valdelsa nel 1952 a ricordo dell’incontro tra il frate Savonarola e il re Carlo VIII;  la statua del Savonarola nella sua città natale, Ferrara; in copertina ’ingresso di Carlo VIII in Firenze, opera  di Francesco Granacci.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Condividi questo articolo:

Potrebbero interessarti