Poggibonsi e lo straordinario viaggio di fra' Niccolò

Poggibonsi e lo straordinario viaggio di fra' Niccolò
il viaggio di fra' niccolò
I motivi che spingono i pellegrini a mettersi in viaggio sono molteplici: una grazia ricevuta, la guarigione da una malattia, uno scampato pericolo, una colpa da espiare, il miraggio di particolari indulgenze

Il tema del pellegrinaggio è ricorrente nelle cronache e nelle storie riguardanti il medioevo. Le strade, se di strade a volte si può parlare, i sentieri, le foreste, i deserti, i mari sono percorsi nel medioevo da migliaia di pellegrini, alcuni forniti di denari, altri senza un soldo in tasca, che contano sull’ospitalità di chiese, monasteri, ospizi vari e spesso lavorano durante il percorso per guadagnarsi la tappa successiva. A volte non hanno nemmeno chiara la strada da fare, di frequente si perdono tra sentieri e viottoli mal segnati. Sul campanile del Convento di S.Jacopo, o “Spedale”, di Altopascio, ad esempio, sul fare della notte si accendono dei fuochi e si suona una campana, detta a proposito “la Smarrita”, per richiamare i pellegrini eventualmente dispersi sulla giusta strada.

I motivi che spingono i pellegrini a mettersi in viaggio sono molteplici: una grazia ricevuta, la guarigione da una malattia, uno scampato pericolo, una colpa da espiare, il miraggio di particolari indulgenze, la ricerca di reliquie miracolose, la volontà, come nel caso del celebre sonetto del Petrarca “Movesi vecchierel canuto e bianco”, di fare i conti con la propria coscienza prima di morire, motivi uniti spesso alla voglia di scoprire nuovi mondi e nuovi costumi.

Come i motivi, anche le mete del pellegrinaggio sono diverse, anche se tra tutte spiccano ovviamente Gerusalemme con i vicini luoghi “santi”, Roma, dove i pellegrini possono osservare e venerare la “Veronica”, ossia la celebre immagine del volto di Cristo stampata sul lenzuolo, S.Jacopo di Compostela nella penisola iberica.

Poggibonsi, posta sulla via Francigena, si trova proprio al centro di queste direttrici. Ma da Poggibonsi c’è anche chi parte in pellegrinaggio. E’ il caso del “frate Nicola di Corbico da Pocibonici”, più noto come Niccolò da Poggibonsi, che negli anni che vanno dal 1346 al 1350 compie un viaggio che ha dell’incredibile per le avventure cui il nostro va incontro e per la quantità di cose viste e puntualmente annotate nelle sue “tavolelle” e quindi nel più organico “Libro d’Oltremare”, che affascina per il realismo delle descrizioni di città, di ambienti, di paesaggi, di animali esotici, di avventure  e che diventa nello stesso tempo una sorta di “guida per il pellegrino”, per chi si volesse cioè avventurare dopo di lui in quegli stessi luoghi da lui percorsi. Per spiegare meglio al lettore ciò che ha potuto vedere, ricorre spesso, come nota il Balestracci nel suo saggio dedicato ai grandi viaggiatori medievali, a paragoni con elementi noti alla nostra gente: l’anfiteatro di Pola lo paragona, ad esempio, al Colosseo, come pure una chiesa di Damasco al duomo di Siena. Betlemme poi gli richiama alla mente la sua patria poggibonsese, quando scrive che “vi sono colli e valli e tutti inarborato come la corte [campagna] di Poggibonizi”.

Niccolò descrive ovviamente in prima istanza i luoghi sacri, le varie chiese, i monasteri visitati, i luoghi legati alla vita di Gesù, ma spesso il frate cede la penna al turista che è in lui, estasiato e stupito insieme, che ci descrive così con grande partecipazione la città di Venezia, come quella di Damasco, come Il Cairo d’Egitto. E non tralascia insieme di parlarci del “leofante”, della giraffa, dello “struzolo” e via dicendo. Le sue descrizioni delle varie tempeste incontrate per mare, con la nave che imbarca acqua e gli alberi che si spezzano e cadono giù con tutte le vele, non hanno niente da invidiare, infine,  al miglior Salgari.

Mettersi in viaggio a quei tempi significava spesso rischiare, anche di morire. E Niccolò più volte vede la morte in faccia, sia quando osserva la propria nave sballottata per mare come un guscio di noce, sia quando si trova nel mezzo di una vera battaglia contro navi corsare, sia quando viene imprigionato  non avendo denari da sborsare al pedaggio saraceno, o quando viene sequestrato dai banditi mentre ormai si trova sulla via del ritorno. In Schiavonia, infatti, Niccolò e i suoi compagni di viaggio vengono assaliti da una banda di malviventi, che li sequestrano e li portano in un bosco, prigionieri. La notte, per evitare che i malcapitati scappino, i banditi li costringono a fungere loro da cuscino. Il nostro fra’ Niccolò mostra in questa circostanza una buona dose di scaltrezza e sangue freddo, riuscendo con uno stratagemma a fuggire: tira via con delicatezza la propria gamba da sotto la testa del bandito che dorme e la sostituisce con un piccolo tronco d’albero per poi darsi alla fuga. Quanto fosse rischioso viaggiare a quei tempi lo si capisce dal fatto che di otto frati che erano, ci racconta il nostro, fecero ritorno sani e salvi solo lui ed un altro. Fino alla fine, cioè fino a quando non rivede la basilica di S.Marco, la vita di Niccolò è in balìa della sorte. Seguendo le tappe del percorso compiuto dal nostro viaggiatore, si ha l’impressione di assistere ad una sorta di nuova Odissea trecentesca.

Dalle pagine del “Libro d’Oltramare” traspare insieme la grande volontà di Niccolò di partecipare agli altri le sue straordinarie esperienze, come pure la ferma decisione di difendere la sua opera da possibili plagi, come si nota già nel proemio, in cui  fra’ Niccolò non nasconde il proprio orgoglio di viaggiatore sopravvissuto ad avventure incredibili e a mille pericoli, firmando il proprio resoconto di viaggio in maniera che non ci possano essere dubbi sull’autore o contraffazioni di sorta. Ricorre poi addirittura ad un acrostico per ricordare al lettore il nome suo, quello di suo padre e la sua provenienza: mettendo insieme, infatti, le iniziali dei primi capitoli si ottiene la scritta: “Frate Nicola di Corbico da Poeibonici del contado di Fiorenca dela Provincia di Toscoana”.

Del Libro d’Oltramare esistono diversi codici compilati tra il XV e XVII secolo e presenti in varie biblioteche italiane e straniere. Nel 1881 fu pubblicato a Bologna da Bacchi della Lega. Nel 1968 è stata curata una ristampa anastatica. In rete è scaricabile al seguente link: https://archive.org/details/librodoltramare01legagoog

(V. anche M.Minghi “Poggibonsi - I personaggi storici” 1966; Burresi-Minghi “Poggibonsi dalla distruzione di Poggiobonizio al Settecento” - 2018; D Balestracci “Terre ignote, strana gente” - 2015.;  S.Gensini “Un baedecker del XIV secolo: il Libro d’Oltramare di Niccolò da Poggibonsi” - in Misc.Stor. Valdelsa 2001)

In copertina: ricostruzione del viaggio di Niccolò da Poggibonsi curata da Mauro Minghi su cartina di P.L.Cappiello

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Condividi questo articolo:

Potrebbero interessarti