Si era ormai conquistata l’appellativo di “nonna d’Europa” per via dei suoi 9 figli e delle decine di nipoti la regina Vittoria d’Inghilterra quando, ormai settantaquattrenne, scese dal treno speciale, appositamente approntato per lei, alla stazione di Poggibonsi il 19 Aprile del 1893.
Salita al trono nel 1837 appena diciottenne, la regina Vittoria avrebbe regnato poi per 64 anni, fino alla sua morte avvenuta nel 1901, contrassegnando un periodo di grande espansione economica e commerciale che gli storici hanno poi identificato come “età vittoriana”. Fu un periodo che vide la grande trasformazione della società inglese da agricola a industriale, trasformazione sancita dalla prima grande esposizione mondiale del 1851 allestita al Crystal Palace in Hyde Park a Londra.
Ai classici gentlemen di campagna si affiancarono ora sempre di più banchieri, industriali, commercianti, armatori e al verde dei pascoli inglesi si sovrappose, a volte cupo e asfissiante, il grigio delle ciminiere delle fabbriche e delle periferie delle grandi città. Grande ricchezza insieme a tanta povertà. Uno stato, come descrisse bene nel suo romanzo “Sybil” Benjamin Disraeli, uomo politico molto vicino alla regina Vittoria, dove convivevano due nazioni ben distinte tra loro: i ricchi e i poveri. L'Inghilterra dei tanti Oliver Twist, piccoli spazzini, spazzacamini, minatori, bambini costretti a lavorare anche 15 ore al giorno in condizioni spesso disumane, facile preda della microcriminalità di strada.
- Sai cos’è la Bibbia? - chiese un commissario di polizia ad uno spazzino quattordicenne arrestato per un piccolo furto.
- No
- Sai leggere?
- No
- Sai chi è il buon Dio?
- No
- Sai che cos’è il diavolo?
- Ne ho sentito parlare, ma non lo conosco
- Ma che cosa sai, ragazzo?
- So spazzare il fango
- Ed è tutto?
- ? tutto. Io spazzo il fango.
Questo era il rovescio della medaglia della luccicante età vittoriana, ma la classe dominante e regnante fingeva di non vedere, mettendo a tacere la propria coscienza con il pensiero che tutti, in teoria, potevano con il loro lavoro o il loro talento tentare la scalata sociale. Solo in teoria, però.
La regina Vittoria era già stata in Toscana, a Firenze, nel 1888, a trascorrere un periodo di vacanza a villa Palmieri (la stessa nella quale molto probabilmente il Boccaccio aveva ambientato la sua “cornice” al Decameron) e ci ritornò nel 1893. L’Illustrazione Italiana ci parla del suo arrivo nel capoluogo toscano, del suo passaggio attraverso via Cerretani, via Martelli, via Cavour tra la folla che gremiva le strade, ma anche le finestre e i balconi, con la scorta di uno squadrone intero di carabinieri, il suo seguito di carrozze e servitori indiani nel loro costume tradizionale, e con la banda che l’aspettava al piazzale Michelangelo pronta ad intonare l’inno nazionale britannico. La regina si trattenne circa un mese a villa Palmieri, a ricreare il corpo e lo spirito alle “molli aure pregne di vita” dei colli fiorentini, come ebbe a dire lei stessa confidenzialmente, ma questa volta volle fare anche una capatina a S.Gimignano. Per questo transitò il 19 aprile da Poggibonsi.
Quando scese alla stazione era presente una folla enorme di popolani e contadini, accorsa ad assistere a quello che per i tempi era uno spettacolo veramente raro e da non perdere. Entusiasmo e curiosità insieme avevano spinto tanti poggibonsesi ad accorrere nel piazzale antistante la stazione ferroviaria. Lì ad accogliere la regina c’era il sindaco di Poggibonsi Pier Francesco Marzi, al quale la sovrana venne presentata da sir Dominic Colnaghi, console britannico a Firenze ed esperto di arte, la cui famiglia aveva origini brianzole. Il sindaco offrì alla regina Vittoria un mazzolino di mughetti, i suoi fiori preferiti, ed ebbe con la stessa un colloquio di alcuni minuti, dopodiché la regina proseguì in carrozza per S.Gimignano.
La calorosa accoglienza riservata in Italia alla regnante inglese fu dovuta forse anche all’atteggiamento assunto a suo tempo dalla Gran Bretagna verso il movimento risorgimentale italiano. La regina Vittoria, pur essendo legata a motivo delle origini del marito alla causa austriaca, non aveva mai nascosto la sua ammirazione per il re Vittorio Emanuele II e per il movimento patriottico italiano e la politica inglese aveva simpatizzato per la causa italiana; non a caso lord Gladstone aveva definito il regno borbonico delle Due Sicilie “la negazione di Dio eretta a forma di governo”. Partita la regina, il sindaco Marzi fece affiggere un manifesto in pubblico che recava il seguente discorso:
“Sua Maestà la regina d’Inghilterra ringrazia per mio mezzo la popolazione poggibonsese della spontanea manifestazione d’affetto resa all’Augusta Sovrana nel suo passaggio da Poggibonsi. Lieto che il contegno tenuto dalla popolazione abbia dato ragione a S.M. la Regina di esprimere il Suo real gradimento, ringrazio a mio nome la cittadinanza per essersi anche in tale occasione affermata di animo gentile, onorando chi regge le sorti di una nobile Nazione amica all’Italia”.
( V. La Nazione, L’Illustrazione Italiana, S.James Gazzette, The Morning Post, Taunton Courier, Manchester Courier, Lancashire General Advertiser)
In copertina: ritratto della regina Vittoria