“…I cavalieri di Cristo combattono con sicurezza le battaglie del Signore, senza timore e senza peccato quando uccidono il nemico…La morte data o ricevuta per il Cristo non comporta peccato alcuno e merita anzi grande gloria. Il templare…con serenità uccide, con serenità muore e se uccide rende un servizio al Cristo…”
Così Bernardo di Clairvaux nel “Liber del Laude”, scritto tra il 1128 e il 1136, che la Chiesa venera come santo. Il mondo cristiano aveva ormai accettato, non senza molte remore, l’idea della guerra santa e il fatto che si poteva uccidere senza farsi troppi scrupoli, scrupoli che invece i cristiani avevano avuto fino allora, anche se avevano già combattuto in battaglia ed ucciso, almeno fin dai tempi di Costantino.
Poco meno di due secoli durò il periodo delle crociate, fenomeno storico complesso e affatto uniforme nelle sue motivazioni e nelle sue modalità di attuazione. Non è dato sapere, si può solo immaginare, se alle prime quattro crociate abbiano partecipato abitanti di Borgo Marturi e poi di Poggibonizio. Sicuramente alcuni poggibonizzesi presero parte alla quinta crociata, che si svolse dal 1217 al 1221, una delle varie finite tragicamente, con il classico buco nell’acqua, almeno dal punto di vista degli obiettivi ufficiali.
Dietro la partenza dei crociati potevano esserci molti motivi diversi: il mito del pellegrinaggio nei luoghi santi, il senso del rischio e dell’avventura, l’espiazione di una colpa e la remissione dei peccati, la bramosia di arricchirsi in qualche modo e via dicendo. Non trascurabile è il fatto che le crociate si svolgono in un periodo di grande espansione economica e demografica dell’Occidente. Sicuramente forte deve essere stata comunque la motivazione religiosa, abilmente sollecitata ed alimentata dal papato, che stava attraversando un periodo di grande potere e prestigio, e da tutto l’apparato ecclesiastico. Motivazione che sconfinava facilmente poi negli eccessi di zelo e di conseguenza nel fanatismo religioso.
Nel XIII secolo, tuttavia, proprio mentre si svolge una sanguinosa crociata sui generis, quella contro gli eretici albigesi, (per inciso anche a Poggibonizio fu arso sul rogo un eretico cataro nell’anno 1233, tale Gerardo di Acquapendente), si notano i primi segni di crisi dell’idea di crociata e si fa strada una nuova idea, quella della possibilità di trattare con gli infedeli anziché combatterli sul campo.
La quinta crociata, quella che come poggibonsesi ci riguarda più da vicino, si diresse prima verso la Palestina, poi verso l’Egitto, dove i crociati combatterono per la conquista dell’importante città di Damietta. Il sultano Malik Al-Kamil, nipote del Saladino, arrivò anche a proporre ai crociati la cessione di Gerusalemme in cambio della città egiziana, con conseguente cessazione delle ostilità, ma da parte crociata, per bocca del legato papale, si scelse lo scontro diretto, fino alla improbabile vittoria sul nemico. I crociati quindi presero Damietta, ma quando tentarono di procedere con la conquista, il sultano dirottò su di loro le acque del Nilo e l’impresa finì poi con una disfatta per l’esercito crociato, con una rovinosa ritirata e conseguente fallimento.
Nel bel mezzo di questa fallimentare crociata si colloca, nel 1219, l’episodio di S.Francesco, partito da Ancona quell’anno con l’intenzione di parlare al sultano al fine, chissà, di convertirlo. Molto si è scritto ed anche fantasticato su tale episodio. Quello che è certo è che il sultano ricevette cortesemente il santo e lo ascoltò. Non si convertì, ovviamente, ma gli lasciò un salvacondotto e gli offrì dei doni, che Francesco però non accettò, dato il voto fatto di povertà. Il tentativo, che metteva chiaramente in dubbio l’idea stessa della guerra santa, non fu, sembra, molto gradito alle gerarchie ecclesiastiche, che preferivano le armi alle parole, come si notò anche pochi anni dopo, quando lo stesso grande Federico II deluse in parte alcuni ambienti del mondo cristiano preferendo trattare con il sultano anziché combatterlo in campo aperto.
La presenza di crociati poggibonizzesi alla quinta crociata è attestata da un breve
del papa Onorio III dell’8 febbraio 1218, con il quale lo stesso prende sotto la sua protezione e quella della S.Sede i “diletti figli di Poggibonizi crucesignati” che, spinti dalla fede e dalla devozione, hanno deciso di andare in Terra Santa e raccomanda al Proposto di Borgo Marturi di farsi garante dei loro beni e delle loro famiglie in maniera che non vengano molestati da alcuno fino al giorno del loro ritorno o della loro morte. Questo il testo, di cui si riporta in immagine l’originale documento presente presso l’Archivio di Stato di Firenze (Diplomatico):
“Honorius Episcopus servus servorum Dei dilectis fillis Praeposito Marturiensis et Archipresbitero de Colle Florentinae et Vulterranae diocesis salutem et apostolicam benedictionem. Cum dilectos filios cruce signatos de Podiobonizi, qui zelo fidei ac devotionis accensi proposuerunt in Terrae sanctae subsidium proficisci, cun famulis et omnibus bonis suis quae in praesentiarum rationabiliter possident, susceperimus sub protectione Apostolicae Sedis et nostrae, statuentes ut ea omnia integra conserventur donec de ipsorum reditu vel obitu certissime cognoscatur, discretioni vestrae per aposolica scripta mandamus, quatenus ipsos super his non permittatis ab aliquibus molestari, molestatores corum indebitos per censuram ecclesiasticam, appellatione postposita, compescendo”.
Il documento è niente altro che la ratifica di un preciso stato giuridico di cui veniva investito il crociato al momento della sua decisione di partire, atto dovuto da quando ormai la crociata era stata regolamentata ed era divenuta istituzione, atto che riguardava, appunto, la tutela e la conservazione dei beni dei combattenti nel periodo della loro assenza. Altro, purtroppo, non sappiamo, circa la consistenza numerica o la sorte toccata ai crociati poggibonizzesi.
(V. anche F.Pratelli “Storia di Poggibonsi” -1990; F.Burresi-M.Minghi “Poggibonsi dalla distruzione di Poggiobonizio al Settecento” - 2018; Miscellanea Storica della Valdelsa - gennaio/agosto 2001)
In copertina l'assedio alla torre di Damietta da parte dei crociati