La I guerra di Indipendenza si sviluppò, come noto, in un contesto di generale sollevazione da parte dei popoli di tutta Europa, che indusse alcuni monarchi a concedere per la prima volta una costituzione rinunciando finalmente al proprio potere assoluto. A Milano si vide la gente scendere in strada e fare le barricate per la libertà e l’indipendenza. Da tutto questo movimento restarono per il momento estranee in gran parte le masse contadine, abituate a veder avvicendarsi i vari governi, senza che per loro cambiasse qualcosa, come le stagioni o, peggio, come le calamità naturali, e troppo arretrate culturalmente per poter interiorizzare e seguire le idee risorgimentali. Idee che invece fecero breccia nel ceto medio cittadino, come a Poggibonsi, dove troviamo tra i patrioti risorgimentali il geografo Francesco Costantino Marmocchi, il farmacista Giuseppe Del Zanna, i medici Pietro Burresi e Ottaviano Pieraccini, alcuni sacerdoti come don Giuseppe Ferruzzi ed altri, ma anche esponenti di altre professioni, come il mugnaio Francesco Marri, i vetturini Francesco e Nicola Montereggi e poi studenti universitari ed artisti, in genere persone che potevano contare su un minimo o, a volte, discreto substrato culturale.
Un substrato culturale che non deve essere mancato ad Achille Becheroni, nato a Poggibonsi il 5 Ottobre 1817 da Niccolò e Rosa Fiumi, dei quali non si conosce la professione, ma nella cui casa non mancavano certamente i libri, a cominciare dalla ricercata opera di Giulio Ferrario “Il costume antico e moderno”, in vari volumi, una sorta di enciclopedia geoantropica che parlava dei vari continenti del mondo, delle abitudini dei vari popoli, come dell’ambiente fisico e naturalistico, presentando al suo interno alcune pregiate tavole a colori, una vera rarità per i tempi.
Quest’opera attraeva il giovane Achille molto più delle versioni di latino, tanto che passava ore ed ore ad osservare e copiare le figure di piante, animali, paesaggi che l’opera del Ferrario gli offriva. Fu così che Achille sviluppò una vera e propria passione per il disegno, al punto che i genitori, per venire incontro alla sua naturale inclinazione, decisero di mandarlo a Siena presso alcuni stretti parenti perché potesse studiare presso l’istituto di Belle Arti, diretto prima dal Colignon, poi dal Nenci. Cosa che Achille fece, dopodiché, per poter meglio soddisfare la sua passione per l’arte, decise di trasferirsi a Firenze. Qui avrebbe voluto sperimentare l’arte della pittura con opere sue originali, ma era difficile affermarsi come artista tra tanti aspiranti e la sua onestà intellettuale gli fece sempre rifiutare il ricorso a conoscenze o raccomandazioni che gli avrebbero potuto aprire alcune porte e facilitargli la carriera. Nello stesso tempo il suo orgoglio personale gli faceva sentire la necessità di non essere di aggravio alla famiglia, per cui cercò di guadagnarsi in qualche modo da vivere eseguendo copie di quadri di pittori celebri, antichi o moderni, da vendere ai vari turisti stranieri di passaggio.
Anche lui, come tanti altri giovani intellettuali e studenti toscani, allo scoppio della prima guerra di Indipendenza, sentì forte il richiamo alla lotta per la libertà nazionale e si arruolò nella seconda compagnia del I battaglione fiorentino. Passò poi al secondo battaglione e infine chiese di combattere con i bersaglieri, dove sapeva che erano arruolati altri artisti come lui di sua conoscenza.
A Montanara, il 29 Maggio 1848, fu ferito in battaglia da due proiettili. Trasportato nelle stanze dell’ospedale di Mantova, vi morì il giorno dopo, compianto da molti suoi compagni di avventura, caduti prigionieri degli Austriaci. Le battaglie di Curtatone e Montanara che videro protagonisti i volontari toscani servirono, come si sa, a rallentare la manovra dell’esercito del Radetzky e permisero ai piemontesi di organizzarsi per poi respingere e vincere gli Austriaci nel successivo scontro di Goito. Meno di 5.000 volontari male equipaggiati riuscirono in pratica a tenere testa per un’intera giornata ad uno dei più forti eserciti composto da più di 20.000 soldati addestrati e condotto da un comandante esperto, nonostante ottantaduenne, come il Radetzky, anche se il prezzo pagato fu altissimo: 166 morti, 518 feriti, 1.178 prigionieri.
Achille Becheroni non fu il solo poggibonsese a cadere in battaglia. A Curtatone trovò la morte Ferdinando Bruschettini, studente universitario all’ateneo di Pisa, mentre altri 23 poggibonsesi pare abbiano fatto parte del corpo di volontari accorsi, anche se conosciamo solo il nome di Raffaello Brini, Ottaviano Pieraccini, Cesare Lombardini, Polifante Puccianti, Egisto Righi, Giuseppe Righi, Luigi Lombardini, Agenore Gelli, di un tale Leprini e di un certo “Moccia”.
A ricordo del sacrificio del Becheroni, nel loggiato che allora si trovava davanti alla Collegiata fu fatta porre dal Comune la seguente lapide:
A PERPETUARE LA MEMORIA ONORANDA
DEL GIOVANE ACHILLE BECHERONI
CHE NEI CAMPI DI MONTANARA
PER LA INDIPENDENZA ITALIANA
LA VITA SULL’ALTARE DELLA PATRIA
IN OLOCAUSTO VOLONTARIO
SACRAVA MORENDO
PERCHE’ AI CONTEMPORANEI AI POSTERI
LO EGREGIO DOLOROSO FATTO
DI AMMIRAZIONE DI GENEROSO COMPIANTO
FOSSE E DI ESEMPIO
QUESTA PIETRA MONUMENTALE
NEL DI’ 6 GENNAIO MDCCCXLIX
IL MUNICIPIO DI POGGIBONSI
INCIDEVA
(V.AA.VV. “Panteon dei martiri della libertà italiana” - Torino 1861; F.Venosta: “I toscani a Curtatone e Montanara” Milano 1863; Burresi-Minghi: “Poggibonsi al tempo di Pietro Leopoldo, Napoleone e Garibaldi” 2017)
In foto: un ritratto di Achille Becheroni