Poggibonsi e il terribile terremoto del 21 Aprile 1906

Poggibonsi e il terribile terremoto del 21 Aprile 1906
terremoto a poggibonsi
All'alba del 21 Aprile del 1906 i piccioni, sparsi per le piazze e sui tetti di Poggibonsi, sono stranamente agitati

All’alba del  21 Aprile del 1906 i piccioni, sparsi per le piazze e sui tetti di Poggibonsi, sono stranamente agitati. Alle 7.45 se ne capisce forse la ragione, quando i poggibonsesi avvertono una forte scossa di terremoto, alla quale fanno seguito altre tre, a poca distanza l’una dall’altra, alle 8, alle 8.10, alle 9. I piccioni volano via in stormo dal paese e l’intera cittadinanza si riversa nelle piazze, compresi malati ed infermi. Una donna paralitica che non usciva di casa da 25 anni viene trasportata giù per strada di peso, mentre una signora, la moglie del pretore, partorisce una bimba proprio nel momento della scossa più grossa. Anche i malati del locale ospedale, avvolti nelle coperte, lasciano le corsie per correre all’aperto, come fanno pure i clienti dei vari alberghi cittadini, che scendono in strada ancora seminudi e atterriti.

Si tratta di un terremoto di magnitudo 4.3, ma, secondo la ricostruzione storica dell’INGV, di un’intensità di 6-7 gradi, con epicentro a 2,6 Km dal centro abitato, in direzione di Colle val d’Elsa (lat.43,470 long.11,146). Molte abitazioni del paese riportano qualche danno, più o meno marcato, come pure il Palazzo Comunale. Gli uffici vengono chiusi, anche quello del telefono, per cui si provvede all’installazione di un punto telefonico di emergenza all’aperto. Si mobilitano per i primi soccorsi la Pubblica Assistenza, la Misericordia, i Carabinieri, il corpo dei  Pompieri, la Croce Rossa locale, le Suore di Carità, mentre dalle ferrovie vengono fatti arrivare alla stazione di Poggibonsi alcuni vagoni nei quali ospitare anziani, infermi e bambini. Arrivano nel pomeriggio anche tende cerate per costruire ripari di emergenza, che vengono allestiti nelle piazze, nelle strade periferiche e anche in campagna, dove alcuni contadini al lavoro hanno riferito di essersi sentiti come sollevati dal terreno e di aver provato una sensazione di perdita di equilibrio al momento delle scosse.

A complicare le cose ci si mette anche il cielo, che non promette niente di buono e infatti, alle 22.45, si scatena un forte temporale che rende “penosissima”, come riferisce l’inviato della Nazione, la condizione della popolazione che ha paura di tornare nelle proprie abitazioni. Ci si ripara alla meglio in qualche magazzino, in qualche capanna, ai massi di Montelonti. A stento gli infermieri riescono a convincere i malati dell’ospedale a trovare riparo nell’atrio dello stesso. I medici locali sono tutti impegnati a prestare soccorso ai feriti e ai malati, dal dott. Maccanti, direttore della Croce Rossa, al dott. Triglia, direttore dell’ospedale civico, al dott. Mazzuoli, al dott. Moggi. La giornata, trascorsa tra una serie di piccole scosse di assestamento,  non ha  fatto cessare la paura. Si passa così un primo inizio di notte terribile, tra la pioggia battente, l’ansia, la paura di nuovi fenomeni tellurici. C’è chi sviene, chi si raccomanda alla protezione di San Lucchese, chi ricorre alle farmacie in cerca di calmanti o di purganti, dove i farmacisti Del Zanna e Laghi, a sprezzo del pericolo, sono rimasti a fornire medicinali a chi ne può avere bisogno.

Solo a tarda notte, non essendosi verificate altre scosse significative, una parte della popolazione si fa coraggio e decide  di ritornare nelle abitazioni poco o non lesionate.

La mattina del 22, non si sa da parte di chi e come, si diffonde la voce allarmistica di possibili nuove forti scosse e il panico prende ancora campo tra la popolazione, che si riversa di nuovo per strada. La voce è smentita subito dopo però dalle autorità. Il sindaco Nestore Fontani fa affiggere un manifesto nel quale si legge che il celebre sismologo padre Alfani sostiene, sulla base dei suoi calcoli statistici, che ormai il pericolo grosso è passato e la popolazione così si tranquillizza.

Il terremoto di Poggibonsi finisce su tutti i maggiori giornali nazionali ed anche su molti quotidiani esteri, nonostante, per fortuna, non abbia causato vittime, ma solo molti danni e tanto spavento. Spavento che riguarda anche molti paesi circonvicini e la stessa città di Siena, dove alcune persone un po’ portate al catastrofismo, evidentemente, sostengono di aver visto la cima del Monte Maggio fumare e di temere il risveglio di un ipotetico antico vulcano spento. Ma i geologi osservano, a scanso di equivoci, che il Monte Maggio in realtà non è mai stato un vulcano e che il fumo è solo frutto dell’immaginazione popolare o proviene, chissà, da qualche sperduta carbonaia nel bosco.

(V. La Nazione, la Vedetta Senese, la Stampa, Aprile 1906)

Nell’immagine: San Lucchese protegge Poggibonsi in occasione del terremoto del 1906, quadro del pittore poggibonsese Carlo Iozzi)

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