Lo chiamavano “il moro” a causa della sua carnagione un po’ scura, olivastra. Alessandro era infatti figlio di Giulio de’ Medici, il futuro papa Clemente VII, e di una serva di colore. Giulio, una volta papa, cercò di attribuire la paternità ad altri, ma la cosa ormai era di dominio pubblico e, del resto, l’interesse che mostrava per le sorti di Alessandro non lasciava adito a dubbio alcuno su chi fosse il padre.
Papa Clemente VII Medici era uomo accorto e con esperienza di governo, avendo retto Firenze per alcuni anni, dal 1519 al 1523, tuttavia sottovalutò il potere dell’imperatore Carlo V quando, nel 1526, strinse alleanza con i suoi nemici entrando a far parte della Lega di Cognac. Questo gli costò il celebre e doloroso saccheggio di Roma da parte dei lanzichenecchi dell’anno dopo, saccheggio che dette lo spunto e l’ardire ai Fiorentini per cacciare via di nuovo i Medici dalla città e restaurare la Repubblica. Alessandro, che reggeva la città dal 1523 assieme ad Ippolito, figlio di Giuliano, sotto la supervisione del cardinale Silvio Passerini, se ne dovette così andare da Firenze in attesa di tempi migliori.
Carlo V dal canto suo, in qualità di sovrano cattolico, non poteva certo infierire più di tanto nei confronti del papa e questi, visto lo scempio subito dalla città eterna, pensò bene di rappacificarsi con l’imperatore, che incoronò addirittura solennemente a Bologna nel 1530 in cambio della promessa da parte imperiale di riportare i Medici al governo di Firenze. Poco poterono fare il Buonarroti e il Ferrucci contro la forza delle armate imperiali: la morte del Ferrucci a Gavinana segnò in pratica la fine della Repubblica.
Alessandro poté quindi insediarsi nuovamente in Firenze, dove procedette alla repressione contro i sostenitori della causa repubblicana e dove, nell’arco di due anni, mediante una serie di riforme, trasformò il tradizionale governo cittadino nel suo personale potere assoluto.
Anche la nostra Poggibonsi, indirettamente, aveva subito le conseguenze negative dell’assedio di Firenze, per via del transito delle varie truppe mercenarie imperiali. Una volta insediatosi il nuovo governo mediceo, la Comunità di Poggibonsi fu tra le prime, desiderando solo pace e tranquillità, a manifestare fedeltà e obbedienza al nuovo duca. Vari esponenti della casa Medici avevano in passato ricoperto a Poggibonsi la carica di podestà, esercitandola con equilibrio e saggezza, perciò il ritorno al potere di Alessandro venne accolto con favore e gradimento. Da parte sua Alessandro ricambiò queste attestazioni di fedeltà con una missiva diretta al Comune di Poggibonsi che recitava così:
“Spettabili Amici Charissimi,
havendo io quel buon conto dell’antiquata benevolentia e affectione vostra a Casa mia, essendo voi tanto volentieri conscesi alle ordinazioni per le passate necessità, mi è parso adesso ricordarmene e perciò farvi intendere essere a proposito che per voi si deputi uno Ambasciatore bene informato della vostra intenzione, e altro che justo disaminato ne possi tornare da voi e riportarne quella risoluzione sarà giudicata convenirsi per sodisfarvene. Et bene valete”.
Florentie, X Januarii 1534
I poggibonsesi non si lasciarono sfuggire l’opportunità e chiesero ad Alessandro alcuni favori, mandando a lui come ambasciatore il gonfaloniere in carica Giovanni Bronconi. Le richieste riguardarono l’estensione della giurisdizione della Potesteria di Poggibonsi, la donazione alla Comunità della gabella del Macello e della Canova del vino, la delibera che in caso di passaggio di truppe le spese non fossero solo a carico della Comunità di Poggibonsi, ma di tutto il Vicariato della Valdelsa e infine la liberazione dal tradizionale tributo delle pesche. Le prime tre richieste furono accolte dal duca Alessandro, ma l’ultima no. A quanto pare le pesche poggibonsesi dovevano essere particolarmente gustose, per cui si dovettero attendere altri due secoli, fino al governo di Pietro Leopoldo, per essere liberati da tale balzello.
Il potere mediceo venne consolidato ulteriormente quando il papa riuscì ad ottenere per Alessandro la promessa di matrimonio con la figlia dell’imperatore Margherita, che però aveva appena 10 anni, per cui si dovette attendere, per celebrare le nozze, il compimento almeno del tredicesimo anno di età. Il matrimonio, come abbiamo raccontato in un precedente articolo che trattava il passaggio da Poggibonsi dell’imperatore Carlo V, si celebrò così nel 1536. Nell’occasione si organizzarono grandi festeggiamenti. Alessandro incaricò il suo parente e quasi coetaneo Lorenzino (poi detto Lorenzaccio) de’Medici di scrivere e mettere in scena una commedia, cosa che suscitò sicuramente un po’ di invidia da parte di un commediografo vero come il Lasca, al secolo Anton Francesco Grazzini, originario di Staggia Senese. Non poteva prevedere Alessandro che di lì a poco, l’anno successivo, quella stessa mano che aveva scritto la commedia per le sue nozze e che riteneva fedele l’avrebbe pugnalato a morte e a tradimento.
Il fatto è che il duca Alessandro, protettore ed amico della nostra Poggibonsi, non era affatto uno stinco di santo. A tradirlo fu il suo sfrenato desiderio e la sua ossessiva ricerca di possedere ogni donna che gli capitasse a genio, dalle popolane alle nobildonne, nubili o maritate che fossero, vizio che poteva soddisfare abusando del suo immenso potere e in oltraggio pure della giovane sposa tredicenne. Quando pretese da Lorenzino che gli organizzasse un incontro con la zia Caterina, una giovane bellissima, sposata a Leonardo Ginori, e di costumi integerrimi, questi finse di aver preparato tutto per l’incontro, gli fece intendere che Caterina era disposta, ma poi, con l’aiuto di un sicario fatto uscire di galera allo scopo, tale Michele da Tavolaccio detto Scoronconcolo, lo pugnalò a morte nel letto, mentre Alessandro attendeva inutilmente l’arrivo dell’amante, mettendo così in atto un disegno che per rivalità ed invidia covava da tempo. Il fatto avvenne non a caso nel giorno dell’Epifania del 1537, quando iniziavano i chiassi del carnevale e le grida potevano meglio essere mascherate dai rumori della festa. I Borgia avevano fatto scuola.
(V. Vannucci M. “I Medici, una famiglia al potere” - 1987; Cantini L. “Lettere a diversi illustri soggetti sopra alcune terre e castella di Toscana” - 1808; Burresi-Minghi “Poggibonsi dalla distruzione di Poggiobonizio al ‘700” - 2018)
Nell'immagine: Alessandro de’Medici, incisione tratta da un dipinto alla Galleria degli Uffizi; l’uccisione di Alessandro da parte di Lorenzino in un disegno di Claudio Sacchi (da V. Vannucci, cit.)