A partire dal 1830 e per buona parte del sec. XIX si sviluppò in Francia un nuovo modo di rappresentare e dipingere il paesaggio, in forma più realistica e diretta, “en plein air”, cioè direttamente sul campo, all’aria aperta. Tale corrente pittorica fu poi chiamata dagli storici dell’arte “Scuola di Barbizon”, dal nome della piccola località, vicina alla foresta di Fontainebleau, dove si ritrovò un certo numero di artisti, come Charles-Francois Daubigny, Theodore Rousseau, Jean-Baptiste Camille Corot e soprattutto Jean-Francois Millet. I loro quadri prendevano spunto dall’osservazione diretta del paesaggio e dei suoi abitanti, anche se poi venivano rifiniti nello studio del pittore e mantenevano quindi una componente emotiva di interpretazione personale.
Charles-Francois Daubigny si dice che era addirittura solito viaggiare sulla Senna con un piccolo battello trasformato in casa galleggiante, mentre Jean-Francois Millet dall’osservazione diretta dei boschi, e soprattutto delle campagne, trovò modo di introdurre nella rappresentazione del paesaggio le persone umili: contadini, pastori, taglialegna e via dicendo, con una particolare attenzione alle figure femminili.
Una cosa simile accadde a partire dal 1853/55 anche a Staggia Senese, dove attorno alla figura del pittore ungherese Karoly Markò il Giovane (figlio ed allievo, assieme al fratello Andreas, di Karoly Markò senior, che era venuto a stabilirsi a Firenze) si radunò una piccola schiera di artisti italiani, attratti dal fascino particolare del paesaggio senese. Tra questi Carlo Ademollo, Lorenzo Gelati, Francesco Saverio Altamura, Alessandro La Volpe, Serafino De Tivoli ed altri.
Anche questi pittori, come i contemporanei francesi della Scuola di Barbizon, erano soliti dipingere all’aria aperta ed introdussero un nuovo modo di rappresentare il paesaggio, non più con i toni solenni e statici delle raffigurazioni classiche, ma con più realismo e più vivacità di luce e colori, fino a diventare anche un punto di riferimento per i futuri Macchiaioli e la scuola napoletana di Resìna.
I pittori della Scuola di Staggia furono portatori di una nuova sensibilità. Il paesaggio con loro perdeva ogni aspetto di classicità accademica, ma anche di idealizzazione romantica, di ricerca del sublime, per concentrarsi invece su alcuni realistici particolari: un rudere, una fonte, un torrente, una strada di campagna, un abbeveratoio e via dicendo.
Nelle immagini: una raffigurazioni del castello di Staggia di Alessandro La Volpe (1863)