Giovanni Parlavecchia ci ha improvvisamente lasciati l'altro ieri, venerdì 9 Febbraio 2024. Decano fra i consiglieri della Società Storica della Valdelsa, lascia un vuoto profondo non solo nella nostra Società, ma nell’intero mondo culturale del territorio, in particolare di Castelfiorentino e Colle di Val d’Elsa, che sono state le sue città. Giovanni era nato nel 1949, figlio di Francesco, uomo di scuola e anch’egli membro ed ex-presidente della Società Storica della Valdelsa. La sua formazione era storiografica, ma aveva dedicato gran parte della sua vita professionale al mondo delle biblioteche. Ha diretto per decenni la Biblioteca Vallesiana e i servizi culturali di Castelfiorentino, nel periodo d’oro del loro sviluppo, fra gli anni Settanta e i Duemila, portandoli a rappresentare un modello di qualità nell’intera Toscana. In particolare, aveva reso la Biblioteca un centro di educazione permanente, cercando di avvicinarla ai gruppi sociali culturalmente più deboli.
Ad esempio i punti di prestito decentrati, dalla stazione ai parrucchieri alle sale d’aspetto dei pediatri, portavano i libri a ceti che ne erano tradizionalmente lontani, contribuendo a una effettiva democratizzazione della cultura. Fra le altre iniziative culturali cui aveva dato il suo contributo determinante è da ricordare il rilancio del Teatro del Popolo, di cui era stato Presidente alla riapertura nel 2009, e al quale aveva anche di recente dedicato importanti studi storici (come il volume Il Teatro del Popolo di Castelfiorentino, Storia e memoria 1867-2017, Milano 2018). Al lavoro come dirigente culturale, infatti, Giovanni aveva da sempre affiancato la ricerca storica, con una collaborazione di lungo periodo con la «Miscellanea Storica della Valdelsa», la prestigiosa rivista nata proprio a Castelfiorentino alla fine dell’Ottocento. Negli ultimi anni aveva prodotto importanti studi su svariati aspetti delle vicende novecentesche del nostro territorio, concentrandosi in particolare sugli anni del fascismo e della Resistenza in Valdelsa: temi che affrontava in modo tutt’altro che distaccato, animato al contrario da profondissime convinzioni democratiche e antifasciste (testimoniate fra l’altro dalla sua adesione all’ANPI).
Poco più di un mese fa era stato il principale animatore di un partecipatissimo convegno sulla storia della ferrovia Colle-Poggibonsi, e sulle contrastate decisioni riguardo la sua chiusura (“Il treno voluto e poi perduto”). La sua relazione in quella occasione (che si può ascoltare qui) testimonia delle due grandi e maggiori qualità di Giovanni: una grande passione civile e intellettuale, unita a una cultura vasta e profonda; e, dall’altro lato, uno stile sottilmente e costantemente ironico. Questa ironia non solo caratterizzava la sua produzione scientifico-letteraria, ma era forse anche il suo modo di prendere la vita, uno stile che rimane certamente nel ricordo di chi lo ha conosciuto. Giovanni era prima di tutto un uomo brillante, buono e giusto. La sua è una perdita incolmabile, e uniamo il nostro cordoglio a quello dei familiari e in particolare dell’amata moglie Laura. Troveremo il modo di riflettere sulle eredità che lascia alla Società Storica e alle altre istituzioni culturali e civili che ha aiutato a crescere.