Intervista a Pierfrancesco Favino ospite del cinema Garibaldi di Poggibonsi

Intervista a Pierfrancesco Favino ospite del cinema Garibaldi di Poggibonsi
L'ultima notte di Amore
L'attore sarà domenica 19 marzo al cinema Garibaldi di Poggibonsi per presentare il suo ultimo film

“L’ultima notte di Amore” diretto da Andrea di Stefano, è un thriller che irrompe in una Milano inusuale e che vede come protagonista Franco Amore, interpretato da Pierfrancesco Favino che veste i panni di un uomo buono, padre affettuoso e poliziotto onesto, amato di nome e di fatto. Un viaggio notturno fra le strade di Milano, avvolgente e dai ritmi scanditi dalle musiche di Santi Pulvirenti. Ecco cosa ci ha raccontato Pierfrancesco Favino prima dell'evento che lo ha visto protagonista domenica 19 marzo al cinema Garibaldi di Poggibonsi in cui ha incontrato il pubblico presente in sala alle proiezioni del pomeriggio.

Quanto ha lavorato per immedesimarsi nell’assistente-capo della polizia milanese, Franco Amore?

Ho incontrato tantissime persone e come sempre ho lavorato con rispetto nei confronti del ruolo che dovevo ricoprire; poi però ho cercato anche di creare un’umanità credibile che potesse in qualche modo agganciare lo spettatore alla storia.

C’è questa sorta di rivalsa del personaggio di Franco Amore che sembra, inizialmente, non aver raggiunto l’obiettivo della vita, venendo anche considerato debole però poi si trova ad essere messo davanti ad un limite. Cosa direbbe in merito a questa presa di coscienza finale? Se di presa di coscienza possiamo parlare.

Se pensi ai ruoli italiani per eccellenza nel nostro cinema sono quasi sempre così. Sono quasi sempre persone che magari partono sconfitte o a volte anche con dei profili un po’ meschini e poi alla fine le vicende più gravi che loro si trovano ad affrontare fanno tirar fuori le energie che ignorano di avere. Quindi secondo me Franco amore rientra in una tradizione di protagonisti molto italiani, per questo se avessi avuto l’eroe senza macchia e senza paura all’interno di questa storia, probabilmente la tensione di cui parli all’inizio non l’avresti avuta perché la grande qualità di quest’uomo è che può fallire. Se invece sapessimo dall’inizio che ce la può fare di sicuro non tiferemmo per lui.

Il suo personaggio si muove in una sorta di continuità del film, come se ci fosse un filo conduttore tra lei e l’attimo che vive e che porta lo spettatore a non perdersi niente sullo schermo. Ha lavorato molto su questo aspetto affinché nulla fosse lasciato al caso?

Si, però partivo da una sceneggiatura veramente ben scritta da Andrea di Stefano e da una consapevolezza del fatto che così come potevo tentare di farlo io lui aveva in mano in una maniera molto precisa, quasi chirurgica, tutti quelli che sono i movimenti di un film di questo tipo qui, quindi se è vero che io ci ho fatto caso però è anche vero che sono a volte aiutato dal film a fare in modo che lo spettatore segua quelle che sono le evoluzioni della storia.

Siamo sempre un po’ tutti alla ricerca di qualcosa che ci sollevi, infatti alla fine recita “una persona che ha avuto l’ambizione di essere una persona onesta”. Cosa può dire in merito a questa rincorsa a non macchiare la propria vita?

È una persona che ad un certo punto si trova quasi nell’arco di una notte a rivedere tutte le scelte che ha fatto e ad un punto a dover scegliere a quale rinunciare. Si può dedicare la propria vita ad una idea di sé e poi può capitare che un avvenimento inatteso possa sparigliare le carte del gioco che tu in qualche modo hai cercato di mettere sul tavolo.

Quello che emerge guardando il film è il legame reciproco tra lei e Linda Caridi, che interpreta Viviana. Da spettatore quasi si vive questo rapporto, lei come l’ha vissuto?

Molto bene. Innanzitutto, secondo me il personaggio di Viviana che Linda interpreta meravigliosamente, è uno dei personaggi femminili meglio scritti negli ultimi anni e Linda lo fa veramente in una maniera incredibile. Una cosa che ci è piaciuta da subito ad entrambi era che questa storia d’amore non fosse una storia descritta da ‘romanticismo’ ma probabilmente da quella che è la realtà di due persone che si amano, che si graffiano in continuazione, si cercano e si scacciano perché c’è una passione di fondo tra di loro che li unisce in una maniera fortissima e tutto ciò che fanno alla fine è per salvare la loro storia e il loro futuro. Quindi devo dire che è una delle coppie più innamorate e divertenti, secondo me, che si sono viste sullo schermo ultimamente.

Per tutta la durata del film si avverte questa tensione che sembra sciogliersi soltanto alla fine del film quando ci risveglia in una Milano meno cupa. Potremmo definirla giusta?

Questo starà all’interpretazione che le persone daranno del finale, però sicuramente, la notte finisce e le luci dell’alba rischiarano e inizia un nuovo giorno. Dopodiché vorrei lasciare decidere allo spettatore come sarà questo nuovo giorno.

Ci sono poche azioni girate in digitale, per lo più sono reali. È stato pericoloso?

Il giusto, però sapevamo che c’erano dei rischi calcolati per cui devo dire che la produzione ha fatto in modo che tutto questo avvenisse in termini di sicurezza. Però gli effetti digitali non riguardano queste fasi ma sono pochissimi. Inseguimenti ed esplosioni sono tutte cose che abbiamo fatto dal vero. È stato fatto in modo che tutto avvenisse in sicurezza restituendoci quella che è la tensione di quei momenti che anche noi mentre lo giravamo, troupe compresa.

“L’ultima notte di Amore” è stato presentato al 73º Festival Internazionale del Cinema di Berlino nella sezione Berlinale Special Gala, che emozione ha avuto e quanto ne è stato orgoglioso?

Sono stato orgoglioso del fatto che c’erano duemila persone che, così come il pubblico in sala, in questo momento, partecipavano alla storia ed è bello vedere che il nostro cinema riesce a parlare anche al di fuori del nostro paese. È stato molto bello il giorno dopo svegliarci con delle critiche di eminenti giornali stranieri che parlavano molto bene di questo film e in un momento che sembra un po’ difficile per il nostro cinema spero che questo dia soddisfazione non solo a noi.

Ultima domanda, le piace la Val d’Elsa?

Si, mi piace tutta la Toscana. Sono molto spesso a Firenze perché ho una scuola che dirigo lì, mi piace molto. La Toscana è un posto che per tanti motivi storici mi riguarda personalmente, dalle vacanze da bambino fino a oggi; quindi, è una regione italiana con la quale sono estremamente legato.

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