Immediatamente dopo la proclamazione dell’Unità d’Italia sorse a Poggibonsi una Società Operaia di Mutuo Soccorso, con fini prevalentemente assistenziali a vantaggio dei lavoratori. Il nome potrebbe trarre in inganno. In realtà tale Società, che svolse peraltro una funzione molto importante di supporto a lavoratori bisognosi, infortunati o malati, era gestita da esponenti del ceto dirigente locale. Presidente era lo stimato medico Ottaviano Pieraccini, ex- combattente di Curtatone e Montanara, poi nominato nel 1871 cavaliere del Regno e quindi delegato mandamentale scolastico, figura di spicco non solo locale, ma anche a livello toscano e nazionale. Lo storico Giorgio Mori osserva che le Società Operaie sorte in questo periodo avevano, al di là del nobile scopo assistenziale, anche quello non secondario di tenere sotto controllo la classe operaia nel momento in cui si stavano diffondendo le nuove idee socialiste e comuniste, evitandone così una possibile deriva rivoluzionaria.
Cinque anni dopo, nel 1866, nacque nella nostra città, come diretta emanazione della Società Operaia, anche una banca, la “Banca del Popolo di Poggibonsi”, diretta anche questa dal Pieraccini. Tale istituzione ottenne l’autorizzazione all’esercizio dal re Vittorio Emanuele II con un decreto dell’11 marzo 1866 controfirmato dal ministro dell’economia Domenico Berti, pubblicato poi sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n°90 del 31 marzo. Su tale Gazzetta fu riportato anche lo Statuto della Banca di Poggibonsi, composto di 54 articoli. Il capitale sociale, si legge nello Statuto, era formato da azioni del costo di lire 50 l’una. All’art. 1 si dice che la Banca era nata “all’oggetto di procurare il credito ai suoi azionisti mediante l’associazione e il risparmio”. Le operazioni che la Banca del Popolo svolgeva erano quattro: depositi fruttiferi, prestiti, sconto e cambio, pegno. La Banca, si precisa all’art.14, riceveva in deposito fruttifero i risparmi di qualunque privato e le somme che la Società Operaia di Mutuo Soccorso o altri Istituti a scopo morale avrebbero voluto affidarle. I depositi accettati variavano da un minimo di 50 centesimi ad un massimo di lire 100 ed il frutto oscillava, a seconda del deposito, dal 4% al 5%. Si prevedeva anche che la Banca, una volta che si fosse affermata ed avesse costituito un solido capitale, avrebbe potuto partecipare negli affari con società aventi per scopo operazioni industriali e commerciali di pubblica utilità. L’Assemblea generale degli azionisti si riuniva per statuto una volta l’anno a dicembre, mentre nel corso dell’anno la Banca era gestita da un Consiglio di amministrazione formato dal Direttore, da un cassiere, da 4 assessori, da un segretario e un bilanciere.
La Banca svolse un’importante funzione anche di sostegno economico agli strati di popolazione più bisognosi, anche se non riuscì ad elevare il loro stato sociale ed i prestiti furono dati in stragrande maggioranza a persone che potevano garantire con il loro patrimonio un sicuro rientro del capitale. Tuttavia nel 1880 furono erogati ben 1.000 prestiti a piccoli agricoltori e circa 2.000 ad artigiani e commercianti. Dal 1873 la Banca del Popolo svolse anche la funzione di Tesoreria Comunale. Lo Statuto subì alcune leggere modifiche nel 1881, quando assunse il nome di “Banca Popolare di Poggibonsi”. Le modifiche, rogate dal notaio Clemente Casini con atto del 27 Agosto 1881, furono approvate e pubblicate poi sulla Gazzetta del Regno del 19 Ottobre 1881.
La Banca sembrava andare bene, anzi, molto bene, tanto che fu definita da alcuni esperti di banca e finanza la “banca modello” del momento. Già nel suo primo anno di esercizio aveva avuto un movimento generale di lire 271.278 e nel 1887 arrivò ad un giro di lire 7.627.015.
Nel 1889 però, improvvisamente, venne fuori un ammanco di 100.000 lire. Cattiva gestione o peggio? Fatto sta che quell’anno, il 23 Agosto, il segretario ragioniere Gastone Peirani, accusato di falsità di cambiali e malversazioni ai danni della Banca per il valore dell’ammanco, si tolse la vita sparandosi un colpo di pistola in testa in un casolare di contadini posto nella Fortezza Medicea, lasciando a casa una vedova con diversi figli. Il danno, poi, a seguito di verifiche, risultò ancora superiore e pare che abbia raggiunto le 200.000 lire addirittura. La Banca tuttavia sembrò, sulle prime, poter parare il colpo. Metà dell’ammanco era garantita dal patrimonio del Direttore, l’altra metà avrebbe potuto essere coperta dal capitale sociale degli azionisti e dal fondo di riserva. Sul numero della Martinella dell’8 settembre si consigliava da parte della redazione prudenza, calma ed oculatezza nel gestire la crisi. E invece gli amministratori si fecero prendere dal panico esigendo un puntuale e immediato rientro dei capitali prestati alle scadenze previste, evitando rinnovi. Ciò provocò sconcerto, disorientamento e dette la sensazione ai risparmiatori che la Banca fosse davvero in brutte acque, tanto che si assisté ad una corsa a ritirare i depositi. La situazione precipitò velocemente. C’erano, soprattutto, molti punti oscuri da chiarire. Così la Banca al primo di settembre venne messa sotto controllo pubblico. Si mandarono a far luce alcuni periti fiscali sotto la supervisione del sig. Fornaciari, funzionario della Banca Nazionale del Regno e furono sequestrati tutti i libri contabili. Il 20 Settembre fu convocata l’Assemblea degli azionisti che nominò una Commissione d’inchiesta, ma questa non ebbe nemmeno la possibilità di accedere ai libri contabili, messi sotto sequestro, per cui si dimise subito dopo. Venne alla fine dichiarato il fallimento della Banca e la palla passò quindi al Tribunale penale di Siena. La Società Operaia ci aveva rimesso intanto circa 10.000 lire. Il 17 Luglio del 1891 si aprì il processo che vide alla sbarra, con accuse pesanti che andavano dall’appropriazione indebita al falso in atto pubblico, accuse che poi nel corso del processo furono mutate in quella complessiva di bancarotta fraudolenta, i seguenti imputati:
Ottaviano Pieraccini, direttore, Romualdo Passaponti, commissionario, latitante, Vittorio Marini, cassiere. Furono convocati 24 testimoni e 3 periti. A difendere gli imputati c’erano i migliori avvocati: Enrico Falaschi, l’on.Tommaso Villa, Cassuto, Del Pela, Pacchi, Francesco Sangiorgi, Ciani. Un processo importante, non solo per la figura del Pieraccini, persona assai stimata, ma anche per il fatto che il crac della Banca stava creando squilibrio e difficoltà in un paese commerciale quale Poggibonsi.
Si aggiunse, appena quattro giorni dopo l’apertura del processo, un nuovo dramma nel dramma: il padre anziano del cassiere, Gaetano Marini, di 73 anni, non resse alla notizia dell’imputazione del figlio e si tolse la vita gettandosi dalla finestra di casa. Il processo andò per le lunghe, tra eccezioni degli avvocati difensori e rinvii. Il 20 Maggio una nuova udienza vide comparire in qualità ex-consiglieri ed ex-sindaci anche i sig.ri Del Zanna, Casini, Vanni, Consortini, Casorri, Antichi, Pieraccini Luigi, Viciani. Tutto venne rimandato alla Corte di Cassazione. La sentenza del 2 aprile 1893 infine stabilì che direttore, sindaci e consiglieri avrebbero dovuto risarcire i creditori di tutto ciò che non sarebbe stato possibile recuperare con la procedura di fallimento. Chi ne fece le spese fu soprattutto Ottaviano Pieraccini, che, in qualità di direttore, anche se non principale responsabile, ebbe una condanna al carcere, poi mutata in arresti domiciliari, e dovette impegnare tutto il suo patrimonio per la rifusione del danno.
Lo stesso 1893 fu istituita in Poggibonsi una Commissione per il recupero dei crediti della fallita Banca del Popolo, presieduta da Pellegro Suali e composta da Giovanni Consortini, Giovanni Mangani, Cesare Borriposi, Vittorio Manetti.
Intanto si richiese contemporaneamente al Monte dei Paschi l’istituzione in Poggibonsi di una succursale per il credito agricolo, che potesse colmare in qualche misura il vuoto lasciato dalla fallita Banca del Popolo.
V. Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, La Nazione, La Martinella, Il Libero Cittadino, annate varie.
Nelle immagini: Vicolo delle Chiavi a Poggibonsi; copertina degli Atti del IV Congresso delle Banche Popolari italiane del 1862, cui prese parte anche Ottaviano Pieraccini in rappresentanza della Banca del Popolo di Poggibonsi; la Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia del 31 Marzo 1866 che autorizzava la costituzione della Banca del Popolo di Poggibonsi.