I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Firenze stanno eseguendo un decreto di sequestro preventivo – emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Firenze su richiesta della locale Procura della Repubblica – di somme di denaro e beni per un valore pari a circa 3,2 milioni di euro per l’ipotesi di frode fiscale all’IVA e occultamento di scritture contabili da parte di una società fiorentina operante nel settore del fashion e di 21 ditte individuali di proprietà di imprenditori di origine cinese.
L’attività è scaturita da un controllo fiscale operato dai Finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Firenze nei confronti della maison volto a verificare il possesso dei requisiti per l’accesso ad un finanziamento COVID-19 garantito dallo Stato (previsto dal c.d. Decreto Liquidità) pari a 3 milioni di euro. Nel corso dell’attività ispettiva, tuttavia, è emerso che la società si sarebbe avvalsa di una rete di imprese cosiddette “apri e chiudi”, caratterizzate da breve operatività e ingenti debiti non onorati con il Fisco e gli istituti previdenziali, riconducibili a soggetti cinesi.
La “collaborazione”, secondo le prime risultanze, avrebbe consentito alla società del fashion di risparmiare sui costi di produzione e di confezionamento dei capi di abbigliamento e degli accessori di moda, in quanto esternalizzava tali fasi alle ditte cinesi le quali, non versando imposte e contributi, risultavano molto più competitive sul mercato di riferimento.
In presenza di indizi di reità, è quindi stata notiziata la Procura della Repubblica di Firenze e, su delega della stessa, i Finanzieri hanno eseguito specifica attività di polizia giudiziaria che ha consentito di ipotizzare – come poi confermato dal Giudice delle Indagini Preliminari nell’odierno provvedimento - che la società fiorentina fosse consapevole dell’operatività in frode delle ditte fornitrici.
Ciò in quanto in alcuni casi avrebbe utilizzato fatture ritenute soggettivamente inesistenti poiché provenienti da soggetti (le ditte cinesi “apri e chiudi”) diversi dal reale fornitore; in altri casi la stessa società di moda avrebbe predisposto ed emesso le fatture al posto delle ditte fornitrici, risultate prive di una vera e propria struttura organizzativa, con le quali aveva stipulato generici contratti di sub-fornitura che, secondo l’ipotesi sinora emersa, sarebbero stati volti a schermare il sottostante reale rapporto di dipendenza lavorativa delle maestranze cinesi.
All’esito delle indagini sono stati denunciati gli amministratori, i membri del consiglio di amministrazione e il responsabile della produzione della casa di moda per i reati di utilizzo ed emissione di fatture false, procedendo al sequestro di oltre 2,6 milioni di euro. Sono stati deferiti, inoltre, all’Autorità Giudiziaria anche i titolari di diritto e di fatto della rete di ditte cinesi, per aver emesso le fatture false e aver occultato la contabilità. Nei loro confronti è in corso di esecuzione il sequestro, finalizzato alla confisca diretta e per equivalente, di denaro e beni per circa 550 mila euro.
L’odierna attività è inquadrata nella più ampia attività di verifica della corretta gestione delle risorse pubbliche volte a supportare la ripresa economica post pandemia e a prevenire e contrastare le frodi in materia di IVA, con particolare attenzione al rispetto della normativa giuslavoristica, con l’obiettivo finale di tutelare la libera concorrenza delle imprese che operano nei distretti industriali fiorentini.
Il procedimento penale è attualmente in fase di indagine preliminare e l’eventuale responsabilità delle persone sottoposte ad indagine sarà definitivamente accertata nell’eventuale processo e solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.