Dimissioni volontarie in Italia: una scelta di vita o una necessità?

Dimissioni volontarie in Italia: una scelta di vita o una necessità?
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Secondo i dati dell'Osservatorio sul precariato dell'Inps, tra il 2021 e il 2022, oltre tre milioni di italiani hanno lasciato il lavoro, il 36% in più dei dodici mesi precedenti

Il lavoro è una delle dimensioni fondamentali della vita delle persone, ma non è l'unica. Negli ultimi anni, soprattutto dopo la pandemia di Covid-19, molti lavoratori hanno deciso di lasciare il loro posto fisso per cercare nuove opportunità, più soddisfacenti e maggiormente in linea con i loro valori e le loro aspirazioni. Si tratta di un fenomeno che è stato definito "le grandi dimissioni", che ha interessato milioni di persone in tutto il mondo e anche in Italia.

Secondo i dati dell'Osservatorio sul precariato dell'Inps, tra il 2021 e il 2022, oltre tre milioni di italiani hanno lasciato il lavoro, il 36% in più dei dodici mesi precedenti. Tra questi, molti hanno trovato un'altra occupazione, spesso part-time o a progetto, mentre altri hanno approfittato della possibilità di andare in pensione anticipata o di dedicarsi ad attività di diversa natura, come la formazione, il volontariato o la cura della famiglia.

Quali sono le motivazioni che spingono a rinunciare al posto fisso in Italia? 

Secondo gli esperti, si tratta di una combinazione di fattori economici, sociali e psicologici. Da un lato, ci sono le condizioni di lavoro spesso insoddisfacenti, caratterizzate da bassi salari, scarsa valorizzazione delle competenze, stress e conflitti. Dall'altro, ci sono le esigenze di una maggiore flessibilità, autonomia e conciliazione tra vita professionale e personale, che sono state acuite dalla crisi sanitaria e dalla diffusione dello smart working. Inoltre, c'è una crescente consapevolezza del valore del tempo e della qualità della vita, che porta a rivedere le priorità e a cercare un equilibrio tra lavoro e passione. Molti lavoratori hanno infatti colto l'occasione per cambiare settore, avviare una propria attività o seguire un percorso formativo o creativo.

Tuttavia, rinunciare al proprio lavoro in Italia non è sempre una scelta volontaria e consapevole. In alcuni casi, si tratta di una necessità dettata dalla mancanza di prospettive o dalla precarietà del mercato del lavoro, o peggio ancora a causa delle pressioni o delle discriminazioni che ancora oggi caratterizzano alcuni posti di lavoro. Inoltre, rinunciare al proprio posto in Italia comporta dei rischi e delle sfide: innanzitutto, si perde la sicurezza economica e sociale garantita da un contratto stabile e si diventa più vulnerabili alle fluttuazioni del mercato e alle emergenze. In secondo luogo, si devono affrontare le difficoltà legate alla ricerca di un nuovo lavoro o alla gestione di una propria attività, che richiedono competenze specifiche e capacità imprenditoriali.

Cambiare lavoro risulta quindi una decisione che va ponderata con attenzione e che richiede una buona dose di coraggio e di fiducia in sé stessi: non è una scelta facile né definitiva, ma può essere un'opportunità per riscoprire il senso del lavoro e per realizzare i propri sogni e le proprie aspirazioni a livello professionale. 

Dimissioni volontarie: l’iter da seguire se si vuole cambiare carriera

Le dimissioni volontarie rappresentano l'atto giuridico con cui il lavoratore comunica al datore di lavoro la sua intenzione di recedere dal contratto di lavoro. Si tratta di una decisione personale e libera, che non deve essere motivata né giustificata.

L'iter delle dimissioni volontarie prevede alcuni passaggi obbligatori:

• La comunicazione delle dimissioni: deve essere fatta per iscritto, preferibilmente tramite email o lettera raccomandata, e deve contenere la data delle dimissioni e il periodo di preavviso (se previsto dal contratto o dal CCNL). In questo caso, è importante sapere come scrivere una email di dimissioni professionale e che comunichi le proprie intenzioni in maniera chiara, ovvero che riesca a trasmettere la volontà di interruzione della collaborazione lavorativa senza però creare malintesi o peggio ancora conflitti con il datore di lavoro.

La conferma delle dimissioni: deve essere fatta entro 7 giorni dalla comunicazione, tramite il portale del Ministero del Lavoro o presso una sede sindacale o una direzione territoriale del lavoro. Questo passaggio serve a evitare le dimissioni in bianco o forzate.

Il rispetto del preavviso: è il periodo che intercorre tra la data delle dimissioni e la data di cessazione effettiva del rapporto di lavoro. Durante il preavviso, il lavoratore deve continuare a svolgere le sue mansioni con diligenza e professionalità. Il datore di lavoro può esonerare il lavoratore dal preavviso, ma deve comunque corrispondergli la retribuzione relativa.

La liquidazione finale: è il saldo dei crediti che spettano al lavoratore al termine del rapporto di lavoro, come lo stipendio arretrato, le ferie e i permessi non goduti, il TFR e gli eventuali premi o indennità. La liquidazione finale deve essere pagata entro il termine previsto dal contratto o dal CCNL.

È importante ricordare che queste disposizioni possono essere soggette a variazioni e quindi è essenziale informarsi sempre attraverso le fonti ufficiali, che vengono aggiornate con regolarità sul tema per mantenere l’iter valido e formale.

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