Nello Studio fiorentino in cui Lorenzo il Magnifico aveva raccolto le migliori menti del suo tempo, tra pensatori, filosofi, poeti e artisti, c’era anche una giovane colligiana. Alessandra, quinta figlia di Bartolomeo Scala, cancelliere di Firenze, probabilmente era nata a Firenze (nel 1475), ma il legame della famiglia Scala con Colle di Val d’Elsa è sempre stato molto stretto.
Di Alessandra Scala, questa ragazza bionda, avvolta in una lunga tunica bianca, con dei fiori intrecciati tra i capelli, ne parla Angelo Poliziano in uno dei suoi epigrammi in lingua greca.
“Quando la fanciulla Alessandra recitava l’Elettra di Sofocle, lei vergine una vergine, tutti eravamo stupiti come agevolmente parlava la lingua attica senza cadere in errore, lei, di stirpe ausonia”, scrisse il poeta di Montepulciano, anch’egli nella cerchia del Magnifico, che intrattenne con lei una corrispondenza amorosa in greco antico.
La rappresentazione si svolse nella grande casa acquistata da Bartolomeo Scala a Borgo Pinti, nello stesso palazzo fiorentino che oggi ospita il Four Season Hotel.
Alessandra Scala era infatti una giovane erudita di quel fiorente periodo che fu il Rinascimento a Firenze. Conosceva perfettamente le lingue classiche, grazie ai precettori a cui era stata affidata dal padre, che fu egli stesso suo insegnante di latino.
Nel cerchio di letterati di Lorenzo il Magnifico, oltre al Poliziano, c’erano Marsilio Ficino, Giovanni Pico della Mirandola, Dometrio Calcondìla, Giovanni Lascaris e Michele Marullo Tarcaniota, poeta di origini greche, che di Alessandra divenne il marito.
La vita di Alessandra Scala è rappresentativa, così come quella di molte altre donne rinascimentali, per la libertà che fu loro concessa di studiare e di dedicarsi alle lettere e alle arti. Un ruolo femminile tanto emancipato era limitato però alle fasce più alte della popolazione e non toccava minimamente le popolane. Ma anche tra nobili e medio alta borghesia non eran tutte rose e fiori. La giovane studiosa, una volta cresciuta, era posta dalla famiglia e dalla società del tempo di fronte al dilemma se sposarsi o continuare gli studi.
In una corrispondenza con l’amica Cassandra Fedele, umanista e protofemminista veneziana, Alessandra pone proprio questo interrogativo, al quale saggiamente la donna risponde invitandola “a seguire la propria natura”.
Forse, scegliendo di sposare il poeta guerriero Marullo, Alessandra sperava di continuare a frequentare il mondo letterario e allo stesso tempo sperimentare le gioie del matrimonio.
Purtroppo il destino, che le aveva riservato una gioventù dorata, spensierata, ricca di successi e ammiratori, decise altrimenti.
Marullo morì annegato nel fiume Cecina, nei pressi di Volterra, mentre cercava di guadarlo in sella al suo cavallo, l’11 aprile del 1500, dopo soli tre anni di matrimonio.
Alessandra, sconvolta dalla perdita, decise di rifugiarsi in convento rinunciando a una vita di privilegi. Diventò suora benedettina nel monastero femminile di San Pier Maggiore a Firenze (demolito alla fine del 1700), dove morì nel 1506.
Oggi Alessandra ha un suo posto ben preciso nella letteratura. È infatti l’unica erudita del Rinascimento di cui ci è stata tramandata una testimonianza in greco antico.
Di lei ci rimane la risposta che inviò al Poliziano, che le faceva una corte tanto serrata quanto giocosa, come usava nel circolo di letterati e umanisti dello Studio fiorentino.
"Non c’è nulla di più alto della lode di un sapiente, una lode da te quale gloria mi arrecò!
Hai trovato? Tu non hai trovato la donna ideale che cercavi, neppure un sogno hai visto. Infatti, come disse un divino poeta, un dio spinge verso il simile, ma niente è più dissimile di te da Alessandra.
Infatti tu come il Danubio scorri con alta onda dall’Occidente al Mezzogiorno e quindi all’Oriente. E la tua gloria allontana la caligine in più lingue: la Greca, la Romana, l’Ebraica, la tua propria. Gli astri, la natura, i ritmi, i poemi, le leggi, i medici, attirandoti a gara ti chiamano Ercole.
Ma i miei sono studi da fanciulla, giochi in verità simili a fiori e rugiada. Non voglio mettere in campo un ronzio contro un elefante, e anche tu, come Atena, non ti curi di una gatta".
Lo stesso componimento, oltre che al Poliziano (che aveva circa venti anni in più di Alessandra, come d’altra parte il marito Marullo), fu consegnato con la scusa di chiedere un parere sul greco antico, anche al Lascaris, uno dei suoi precettori, autore di un poemetto amoroso a lei dedicato. Tra gli ammiratori della giovane erudita troviamo anche il Calcondìla, il Landino e il Fiorenzuola.
Nella Cappella Tornabuoni, nella chiesa di Santa Maria Novella, c’è un affresco del Ghirlandaio che rappresenta questi sapienti, da Marsilio Ficino, a Cristoforo Landino, Poliziano e Calcondìla. Di Alessandra invece non ci sono stati tramandati ritratti. Anche se, viste le consuetudini degli artisti dell’epoca, non è escluso che il suo volto sia stato preso a modello per una delle tante figure femminili rimaste anonime, che compaiono nell’uno o nell’altro dipinto.
Colle di Val d’Elsa, che pure a Bartolomeo Scala (che rivestì un ruolo diplomatico di importanza fondamentale durante il lungo assedio del Duca di Calabria alla città) ha dedicato la cosiddetta Piazza Nova, sembra invece aver dimenticato la figura di Alessandra, la cui vita è passata sulla terra come una luce intensa, per quanto breve, lasciando pur sempre la sua scia.