Prosegue al Politeama di Poggibonsi la stagione concertistica nell’ambito della stagione congiunta dei Teatri della Valdelsa. Martedì 5 Marzo alle 21.00 insieme all’ORT torna il direttore principale Diego Ceretta.
E non è un caso che sia proprio lui a omaggiare il primo direttore dell'ORT Massimo De Bernart, a cui la Fondazione dedica il concerto fiorentino a vent'anni esatti (il 7 Marzo) dalla sua scomparsa. Fu proprio De Bernart a salire sul podio al debutto dell'Orchestra il 3 Settembre 1980 nell'Abbazia di San Zeno a Pisa. Fu scelto nel ruolo di direttore musicale del nuovo complesso a soli 30 anni, già collaboratore di Franco Ferrara, Bruno Bartoletti e Piero Bellugi all'Accademia Chigiana di Siena, dove due anni prima era nata l'Orchestra Giovanile Italiana.
Il suo lavoro contribuì in misura determinante a reclutare strumentisti di grande valore, a cominciare da Andrea Tacchi, indimenticabile anima dell'orchestra prima ancora che spalla straordinaria, e a consolidare la compattezza di un complesso che fin dal principio si dimostrò di qualità eccezionale. Oggi su quel podio sale Ceretta, 27 anni.
Protagonista di questa produzione è Mozart: il Mozart autentico e il Mozart ripensato da Lera Auerbach, compositrice d’oggi che è anche pianista, scrittrice, artista visuale e non a caso definita dalla critica “una donna del Rinascimento” per i tempi moderni.
Nata cinquant’anni fa a Chelvabinsk, in Siberia, da adolescente si è trasferita a New York senza conoscere una parola d’inglese. Anni dopo, grazie alla sua esperienza negli Stati Uniti, si è creata una voce internazionale. Il suo brano che apre la serata, Eterniday. Homage to W. A. Mozart, gioca nel titolo con una parola inventata dalla compositrice: l'unione di “eternity” e “day”, inteso come qualcosa in equilibrio tra fragilità e permanenza. Il Mozart che vi sta dentro è quello delle pagine infantili per tastiera, che Auerbach conosce bene per averle incise. Attorno a questa pagina Diego Ceretta, incornicia due capolavori del Mozart “crepuscolare”.
Il Concerto K. 466, il più drammatico (e tra i più apprezzati) dei venticinque Concerti pianistici del salisburghese, per via della tonalità in re minore e per il suo carattere turbolento, che sembra guardare in avanti, verso il romanticismo. E poi c’è la Jupiter, sinfonia monumentale, l’ultima composta da Mozart, che susseguì la tribolata stesura del Don Giovanni.